Mostra Personale

 

ENRICO MAGNANI - SUPERNOVA

 Figurazioni Cosmiche

From Chicago to Rome

 

1 - 8 Febbraio 2018

CAMERA DEI DEPUTATI

Sala del Cenacolo | Complesso di Vicolo Valdina | ROMA


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La mostra è curata da:

Francesca Barbi Marinetti e Simona Cigliana

Allestimento a cura di:

Arch. Francesco Lenzini


La mostra è organizzata da:

D.d'arte

Con il supporto di:

Main Sponsor: Coopservice

Sponsor: Kaiti Expansion

Sponsor tecnici: Espresso Bolognese e Casale del Giglio

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Inaugurazione: 1 Febbraio 2018 - ore 16.30

Orari di apertura: dalle 10.00 alle 18.00 - chiuso sabato e domenica

Ingresso libero con documento di identità


Camera dei Deputati

Sala del Cenacolo | Complesso di Vicolo Valdina

Piazza Campo Marzio 42, Roma

 


SUPERNOVA - FIGURAZIONI COSMICHE - From Chicago to Rome   


   Dopo il successo riscosso all’Istituto Italiano di Cultura di Chicago, Enrico Magnani espone per la prima volta in Italia le opere pittoriche della collezione “Supernova”, in dialogo con gli affreschi della Sala del Cenacolo presso la Camera dei deputati (Complesso di Vicolo Valdina, Piazza Campo Marzio 42, Roma).

    Curata da Francesca Barbi Marinetti e Simona Cigliana, l’esposizione “Supernova – Figurazioni cosmiche” sarà inaugurata giovedì 1 febbraio, alle ore 16.30. La mostra è organizzata da D.d’Arte con il sostegno di Coopservice, Kaiti Expansion ed Espresso Bolognese.

    In esposizione, tredici opere ad acrilico su pannelli multistrato di cartone ed alluminio, dipinte dall’artista senza mai toccare il supporto, né con le mani, né con i pennelli. A veicolare il colore sono, infatti, getti d’aria e d’acqua tesi a riprodurre le esplosioni nucleari che caratterizzano la fase finale della vita di una stella. Simbolo di morte e rinascita, la collezione “Supernova” trova eco nella figura del Cristo che domina il grande affresco della Sala del Cenacolo dedicato all’Ultima Cena, realizzato da un autore ignoto alla fine del Cinquecento.

    «La significativa coincidenza del numero delle opere esposte con quello dei convenuti al Cenacolo – spiega l’architetto Francesco Lenzini, ideatore dell’allestimento – ha suggerito un ulteriore registro narrativo, che si materializza attraverso la disposizione dei pezzi in mostra nello spazio. Una forma inclusiva che ci accoglie e in qualche misura ci rende partecipi di un mistero cosmico, che può essere letto tanto in chiave scientifica quanto in chiave mistica, aprendosi alla nostra interpretazione».

    «Nebulose, ammassi stellari, galassie in formazione, colorate nubi di gas cosmici... La mostra di Enrico Magnani – scrive Simona Cigliana – ci trasporta in una ambientazione siderale, in cui l’infinitamente grande si fa specchio dell’infinitamente piccolo e in cui l’osservazione dei fenomeni celesti ci proietta in una dimensione psichica, meditativa, di straordinaria forza visionaria».

    «L’arte per Enrico Magnani – conclude Francesca Barbi Marinetti – è uno strumento di ricerca e conoscenza. I simboli, in quanto riferimenti universali da cui si sviluppano tutte le scienze e le arti, permettono l’accesso a mondi più grandi, impenetrabili con la sola logica. L’arte funge da catalizzatore che permette di stimolare regioni mentali non consapevolmente vigili e avvicinarci a verità sommerse attraverso processi intuitivi e prefiguratori».

    La mostra sarà aperta al pubblico fino all’8 febbraio 2018, da lunedì a venerdì con orario 10.00-18.00, chiuso sabato e domenica. Ingresso libero con documento d’identità valido. Catalogo (Kaiti Expansion Editore, 2018) disponibile in loco.

   Per informazioni sulla mostra: D.d’Arte (T. +39 06 92096368 / +39 344 1639422, info@ddarte.com). Per approfondimenti sul lavoro di Enrico Magnani: www.enricomagnani-art.com.


L’ARTE COME ESPERIENZA DI VERITA’ OLTRE LA SCIENZA

Francesca Barbi Marinetti

   Le opere di Enrico Magnani, nella loro forma astratta di materia e colore, simboli e alchimie, nigredo ed albedo, forze centrifughe e centripete, raccontano a chi le osserva una lunga storia. Una storia antica e potente, di microcosmi e macrocosmi, che si compone attraverso un linguaggio artistico che attinge agli archetipi di tradizioni spirituali lontane, temporalmente e geograficamente, sia del mondo orientale che occidentale, ma sorprendentemente ricche di suggestivi parallelismi. È l’universalità di questo linguaggio ciò che rende l’arte di Magnani accessibile a chiunque, con una fascinazione che si perde sulle superfici pittoriche dei suoi lavori come in un viaggio attraverso il tempo e il senso profondo della vita.

   L’arte per Enrico Magnani è uno strumento di ricerca e conoscenza. Un’affermazione solo apparentemente banale, avendo avuto non poco peso la scelta dell’artista, che è stato vari anni ricercatore di fisica nucleare, di lasciare alle spalle l’esperienza di studioso chiuso tra gli steccati della disciplina scientifica, per soddisfare una sete di conoscenza portata su altre dimensioni. Magnani ha scelto, dunque, di far respirare il lato destro del cervello e diventare, attraverso la sua arte, un canale aperto capace di raccogliere, ascoltare e infine comunicare messaggi che hanno attraversato l’evoluzione dell’uomo, riguardanti il senso dell’esistenza e la bellezza del tutto.

Questa dualità di formazione, scienza e arte, materia e spirito, suggestione e oggettività, ha dato vita ad opere in cui i contrasti convivono (terra e cielo, luce e buio, vita e morte, maschile e femminile, yin e yang) in un rapporto continuo e reciproco con i quattro elementi fondamentali del mondo: terra, fuoco, aria e acqua.

   Le opere del ciclo Supernova sono le prime che indagano gli elementi aria ed acqua in modalità pura - ovvero sfruttando spray, getti d’acqua e d’aria per lanciare i pigmenti sulla superficie, senza contaminazione corporea - nell’affrontare il tema della morte e della rinascita. Soggetto delle Supernova sono, di nome e di fatto, le immense esplosioni nucleari delle stelle al momento in cui raggiungono la fase finale della loro vita. Magnani con questo ciclo di opere sviluppa con potenza il tema della creazione che si genera dal caos e quello della ciclicità dell’esistenza.

Nelle 13 tavole Supernova viene rappresentato il picco di luminosità massima che corrisponde alla deflagrazione della stella originaria con la successiva aggregazione di materiali pesanti e dunque la formazione di nuove stelle e nuova vita. I simboli della croce (Supernova No. 8, 9, 10, 12, 13), del cerchio (Supernova No. 5, 12 ) e del triangolo (Supernova No. 7), esprimono questo ritorno all’ordine, insieme a quello dell’uovo (Supernova No. 10, 11) che è la fecondità.

   La croce, che prima d’essere simbolo cristiano apparteneva a culture pagane e anche esoteriche, è nel ciclo Supernova tra i simboli geometrici quello più ricorrente, talvolta inscritto in un cerchio. In esso si congiungono cielo, terra, tempo e spazio con una forza centripeta e centrifuga. Nell’antico Egitto era simbolo di riproduzione e rinascita (Ankh). La croce, rappresentando i punti cardinali terreni e celesti (nord/sud, est/ovest, terra/cielo) è anche la bussola che ci permette di ritrovare il nord spirituale, il viaggio interiore. Mentre il cerchio, che rappresenta la perfezione, la compiutezza e l’unione, ha un simbolismo duplice, magico e celeste, intellettuale e spirituale, ed è collegato al ciclo perenne della vita. È tempio, limite magico invalicabile, e rappresenta sia il Sole, il potere maschile, che l’anima e l’acqua, il principio femminile materno. Per la psicanalisi jungiana il cerchio è simbolo del Sé e della totalità della psiche. Ed è anche la forma dell’iride degli occhi in cui sembrano essere racchiusi interi microcosmi.

   Altra figura geometrica potente in Supernova No. 7 è il triangolo. Collegato alla spirale, attraverso formule matematiche, simboleggia l’ascesa dal molteplice all’Uno e quindi verso la trascendenza. Esso è inoltre la rappresentazione grafica dei quattro elementi. Con la punta verso l’alto è simbolo del fuoco (maschile), verso il basso dell’acqua (femminile).

   L’uomo attraverso la ricerca della conoscenza resta, per Magnani, misura dell’universo, ma è nella corrispondenza tra microcosmo e macrocosmo, tra introspezione oscura (nigredo) e purezza (albedo) che sono celate le soluzioni di tutti i misteri e la possibilità di raggiungere l’oro alchemico, la pietra filosofale. Essendo i simboli i riferimenti universali da cui si sviluppano tutte le scienze e le arti, essi sono il tramite per le porte di accesso a mondi più grandi, impenetrabili con la sola logica. L’arte diventa in tal senso un catalizzatore che permette di stimolare regioni mentali non consapevolmente vigili e avvicinarci a verità sommerse attraverso processi intuitivi e visionari.

   Una concezione olistica dell’arte riconosciuta da sempre, basti pensare a Leonardo da Vinci, e che dopo lunghi dibattiti sviluppati nel corso del Novecento è nuovamente condivisa da diversi pensatori contemporanei, da Hans-Georg Gadamer in poi, secondo cui proprio l’arte costituisce un’esperienza di verità possibile fuori dai percorsi della scienza.

FIGURAZIONI COSMICHE DI ENRICO MAGNANI

Simona Cigliana

   Per comprendere ed apprezzare appieno il lavoro di un artista è sempre importante guardare alle fasi del suo percorso, riflettere sui passaggi attraverso cui si è configurato il suo mondo fantastico ed espressivo.

   La recente mostra antologica (L’Oro della Terra - 100 opere del periodo astratto, Reggio Emilia - Chiostri di San Domenico, 11 Febbraio – 5 Marzo 2017) ha offerto finalmente l’occasione di poter valutare in prospettiva la pluridecennale ricerca di Enrico Magnani, ispirata ad antichi canoni di saggezza e guidata da quella che potremmo chiamare, con una citazione futurista, «l’ossessione lirica della materia».

   Sullo studio di questo indefinibile principio che, come volevano gli antichi, è mater e carne del mondo, sostrato concreto su cui poggia l’esistenza e da cui la vita prende forma, Magnani ha incentrato, da sempre, la sua riflessione e la sua attività: come fisico nucleare, ha dapprima studiato la materia indagando sulle peculiarità dei suoi costituenti e delle loro interazioni; come pittore, l’ha poi interrogata, inseguita e ripensata nel corso di un lungo itinerario creativo. Oggetto di speculazione e spunto di emozione poetica, fonte di nutrimenti contemplativi e, in quanto pigmento e colore, strumento di elaborazione estetica, la materia in Magnani assume soprattutto la valenza di termine primo e primordiale: ganga “originaria” e radice da cui si diparte un processo di trasmutazione cosmico e individuale.

   Le prime collezioni su questi temi risalgono alla metà degli anni 2000 e guardano ai pianeti, rappresentano giardini minerali, scacchiere di sacri sigilli, congiunzioni e transiti raffigurati come stilizzati mandala. Compaiono labirinti sovrastati dai simboli magici degli elementi, archetipi dell’inorganico, eclissi e lunazioni riassunte in severe composizioni geometriche. Progressivamente, attorno al 2010-2011, il discorso si precisa, organizzandosi attorno a nuclei concettuali di palese derivazione esoterica: è la serie dedicata ai Cinque Elementi; quella ispirata al libro de I Ching, in cui il significato astratto dei segni predittivi si concretizza nella contrapposizione di fasce di colore incandescente, come a voler mostrare il destino in atto, nel suo farsi corpo nel mondo.

   È solo tra il 2012 e il 2013 che si inaugura la fase esplicitamente imperniata sul pensiero alchemico: la tavolozza si focalizza sulle cromie scarlatte - e sulla tela comincia a svolgersi il dramma della materia, che l’artista-demiurgo si adopera a ritrarre mentre si plasma verso più alti scopi. «Un invito a guardarsi dentro», sottolinea Magnani. Ma intanto nero e carminio si combattono, i pigmenti si addensano e, rappresi, si spaccano; sotto la scorza del cretto, il magma ribolle, finché la tenebra della “terra” non si fessura per far affiorare, come in un tellurico parto, la scintilla d’oro, la particella aurea depurata dal fango e fatta nobile.

   Il rimando alla alchimia si fa ancora più esplicito nelle raccolte Opus e Work, dove è facile ravvisare, sin dai titoli, sin dalle tonalità e dalle superfici mosse e come fermentanti, una allusione alle fasi spagiriche della nigredo e della rubedo, “momenti” della Grande Opera filosofale.

Ora, nelle tele di questo periodo, l’acrilico, già pastoso, si aggruma in spessi strati, mescolandosi a sabbia e argilla, a gesso e sassi, a materie plastiche e foglia d’oro. Emergono, dal caos ardente, traslucide sfere, augurali pietre di elisir da condividere, quasi in eucaristica comunione di intenti, con un pubblico ideale.

Si affaccia in alcuni lavori pure l’Ouroboros, il serpente che si morde la coda, a simboleggiare l’eterno ciclo del divenire, in se stesso immobile, su cui l’autore interviene con una lucente perla: così fissando, per un attimo, la fiammeggiante rotazione.

   Dal 2013, comincia però anche a subentrare una nota azzurra: i bruni, gli ocra, i porpora si trasmutano man mano, di frequente, nei loro opposti cromatici, nei blu e negli indaco, fino ad evocare, pur nella riproposizione di composizioni impostate su uno schema circolare e “maieutico”, come era negli Opus, uno scenario marino (gli studi dei Neptune) e già, specularmente, celeste. Adesso, l’oro aggalla dal profondo delle acque o riluce in uno spazio astrale.

   L’opera Cosmic Hug, esposta nel 2015 presso la Pinacoteca Ambrosiana di Milano, sintetizza quanto fin qui maturato in una grande installazione-mosaico di 49 tessere dipinte che raccontano il mistico Big Bang, l’esultante conflagrazione - espansione del nocciolo iniziale, sprigionantesi a partire dalla sillaba sacra “OM”: in sanscrito, il suono primigenio dal quale, secondo le Upanisad, tutto ha preso avvio. 

   E siamo quindi alla Supernova, a questa ultima collezione di Magnani, già esposta nel settembre del 2017 a Chicago, e oggi, per la prima volta, presentata al pubblico italiano nel complesso di Vicolo Valdina della Camera dei Deputati.

   Qui, i rossi, i neri, le gradazioni giallo-dorate si intessono con i toni cobalto e pervinca, finalmente riconoscendo la dialettica di una interna complementarietà; i colori si espandono come lievitando in un poderoso respiro siderale; la sostanza pittorica, fattasi aerea e come gassosa, appare trasfigurata, e sembra ostendere un diffuso oro volatile, affrancato dal residuo di tutte quelle scorie dalle quali l’atanòr dell’artista, attraverso il fuoco, l’ha purificata.

   Ammassi stellari, galassie in formazione, turbini di plasma, variopinte nubi di gas espansi... Sono figurazioni cosmiche, che giungono dopo un processo che ha attraversato molti stadi della materia e in cui si è fatto tesoro di tanti livelli di esperienza; sono meditazioni in forma di nebulosa sull’origine dell’universo e della conoscenza: immagini profondamente evocative di una interiorità che si contempla e si effonde, alleggerita, rasserenata e immensificata in uno spazio impersonale e ultrasoggettivo.

   Eppure, in virtù del taglio rotondo delle inquadrature, che ci rinvia alla lente oculare di un microscopio (e anche per la tecnica utilizzata: acrilico sciolto in acqua su laminato metallico, getti di aria, dripping, essiccatura selettiva a caldo), qualcuno di questi quadri (Supernova No. 3 e 5, ad esempio, o Supernova No. 11) sembra spingere lo sguardo fino nelle profondità del microcosmo, nel segreto della vita, all’interno di idealizzati processi ontogenetici e vegetativi.   

   «Così in alto come in basso», recita la massima aurea dell’alchimista. E di fatto la serie di Supernova ci trasporta in una ambientazione affascinante, in cui l’infinitamente grande si specchia nell’infinitamente piccolo, in cui l’osservazione dei fenomeni astronomici, sovraterreni, ci conduce, per analogia visiva, entro la cellula, e da qui ci proietta, per suggestione immaginativa, in una dimensione psichica, spirituale.  

   Quanto i misteri dell’arte spagirica possano essere attuabili, qui ed ora, è domanda a cui è difficile dare risposta; possiamo sperare che lo siano - mentre continuiamo nello sforzo di promuovere la nostra evoluzione personale e quella collettiva. Certo è che per Enrico Magnani questa aspirazione alchemico - conoscitiva ha dato i suoi frutti: le realizzazioni di Supernova ne sono splendida testimonianza, nella ricchezza espressiva della loro forza visionaria.

ALLESTIRE SUPERNOVA

Francesco Lenzini

  Allestire uno spazio significa costruire al suo interno un nuovo orizzonte di senso attraverso quei legami invisibili che vengono a stabilirsi tra le coppie dialettiche opera|contesto, artista|pubblico, luogo|visitatore. Si tratta di un passaggio dal modo indicativo al modo congiuntivo dell’esistenza, una trasformazione, reversibile, ma non per questo meno profonda, che ci coinvolge fisicamente e psicologicamente. Lo spazio allestito si offre alla nostra molteplice fruizione ponendoci come protagonisti di una nuova narrazione.

   Ogni esposizione è pertanto una occasione unica che comporta da parte dell’allestitore una nuova interpretazione dell’opera dell’artista anche quando, come in questo caso, il rapporto è consolidato ed ha come precedente una importante mostra antologica personale.

   Allestire la Sala del Cenacolo presso il complesso di Vicolo Valdina ha comportato una doppia sfida: da un lato valorizzare al meglio le opere del nuovo ciclo di Enrico Magnani - come sempre preziose e cariche di grande suggestione - dall’altro stabilire una relazione con lo straordinario luogo che accoglie l’evento artistico.

   La strategia di allestimento è finalizzata a porre in evidenza l’assoluto pregio del contesto attraverso una poetica dell’intangibile: le opere sono poste su sostegni trasparenti, auto-portanti ed auto-illuminanti, che abbiamo disegnato e realizzato appositamente per questa mostra. Anime in plexiglass, volutamente in dissonanza con il ricco apparato decorativo della sala, che abitano lo spazio e attraverso la luce che emanano ci guidano lungo il percorso artistico. Leggeri e mono-materici questi supporti si smaterializzano lasciando i dipinti come sospesi in una dimensione onirica. E richiamano, attraverso la loro opalescenza luminosa, la natura eterea e al contempo fortemente organica della collezione Supernova.

   La significativa coincidenza del numero delle opere esposte con quello dei convenuti al Cenacolo ha suggerito un ulteriore registro narrativo, che si materializza attraverso la disposizione dei pezzi in mostra nello spazio. Una forma inclusiva che ci accoglie e in qualche misura ci rende partecipi di un mistero cosmico, che può essere letto tanto in chiave scientifica quanto in chiave mistica, aprendosi alla nostra interpretazione.

Il ciclo pittorico “Supernova”


Il ciclo pittorico “Supernova” sintetizza e concilia come mai aveva fatto prima, la dualità di scienza e mistica da sempre presente in tutta la produzione artistica di Enrico Magnani. L’artista vuole portare l’attenzione sul fenomeno e sulle conseguenze di queste enormi esplosioni nucleari che caratterizzano la fine della vita di una stella: la Supernova. Tutto il materiale rilasciato dall’esplosione è all’origine della formazione di nuove stelle. La supernova si pone quindi come un simbolo di morte e rinascita e di ciclicità dell’universo. Ma v’è di più. In questi spettacolari eventi cosmici si formano gli elementi più pesanti del ferro grazie ai quali è possibile la vita come noi la conosciamo. Per questo possiamo dire che la Supernova racchiude in sè significati che vanno ben oltre l’astronomia. Dal caos dell’esplosione si formeranno lentamente aggregati di materia sempre più ordinati che daranno origine alla vita e infine all’uomo: il punto di arrivo della creazione e dell’universo materico. In queste opere, la perfezione delle linee geometriche del triangolo, del cerchio e della croce dialogano con il caos delle esplosioni di colore, creando un equilibrio tra ordine e disordine;  geometrie queste che fanno parte del patrimonio culturale e spirituale dell’uomo, di quell’essenza che, riprendendo Platone, trascende la materia esistendo solo nel mondo delle idee. Ricordandoci che tutto è in tutto, Supernova lega il macrocosmo al microcosmo, l’universo all’uomo, la scienza alla mistica. Un inno alla vita, alla sua complessità e alla sua magia.

 

     Dal punto di vista della tecnica, questo ciclo pittorico introduce una grande novità. Esso è creato sfruttando, oltre al pigmento, le proprietà dell’aria e dell’acqua. Sebbene l’uso dei quattro elementi sia da sempre stato la colonna portante delle numerose tecniche che Magnani ha utilizzato in tutta la sua produzione astratta, la Terra (Yin) e il Fuoco (Yang) erano senza dubbio più presenti e manifesti. Ora ritroviamo la stessa dualità di maschile e femminile, di Yin e di Yang, ma espressa tramite la dominanza dei due elementi duali: l’Aria (Yang) e l’Acqua (Yin). La superficie pittorica, in nessuna fase della sua creazione, è toccata dall’artista né con le mani, né con i pennelli o con altri strumenti. Solo i lanci di colore, gli spray, i getti d’acqua e d’aria creano le forme e i colori da cui prendono vita le opere.