INTERVIEW

ARSCIENCIA
MARILENA STREIT-BIANCHI INTERVISTA ENRICO MAGNANI
Marzo 2021
CREATIVITà, INTUIZIONE E BELLEZZA

M.S.B. Come definiresti la creatività?

E.M. Creatività, per me, significa portare nel mondo qualcosa di nuovo, creare qualcosa che non c’è. Ci sono tanti tipi di creazioni: puoi creare un’opera d’arte, una teoria scientifica, una canzone, ma anche un nuovo tipo di pane, un vestito, un’automobile… puoi addirittura creare una nuova vita… Mi piace il detto: “Siamo stati creati, per questo dobbiamo creare”; credo sia un nostro dovere come esseri umani. Quando crei fai qualcosa per te, ma anche per gli altri; aggiungi qualcosa al mondo. Che poi una creazione sia buona e meritevole o cattiva e inutile, non spetta a me dirlo, non spetta a noi… Solo col tempo lo potremo sapere - forse - ma non per questo dobbiamo smettere di creare, altrimenti tutto si ferma.

M.S.B. Quando eri bambino sei stato lasciato libero di apprendere facendo?

E.M. Direi di sì, quando non andavo ancora a scuola, in camera mia avevo creato un piccolo laboratorio usando boccette di succo di frutta riempite di acqua e sciroppi colorati. Erano bellissime quando il sole le illuminava, ma evaporando lasciavano nell’aria un odore dolciastro e stucchevole di frutta e zucchero che non dimenticherò mai. Poi, crescendo, ho costruito il mio “vero” laboratorio scientifico e in parallelo mi divertivo anche con i colori e i pennelli. Direi che mai nessuno mi ha ostacolato, anche quando le cose che facevo erano al limite della mia sicurezza.

M.S.B. Chi e che cosa per te ha contribuito allo sviluppo della tua creatività?

E.M. Credo che la spinta verso la creatività sia innata, è un “moto dell’animo”, per usare un linguaggio più filosofico. Se hai voglia di creare lo fai con tutto quello che ti capita a tiro. Quando non sapevo ancora che esistesse il “piccolo chimico”, la chimica me la sono inventata con gli sciroppi Fabbri. Questa ne è la prova. Certo, prima o poi ci vuole un terreno fertile per manifestarla nella realtà, questa creatività, ma la scintilla non dipende da ciò che hai intorno, la scintilla è dentro di te.

M.S.B. Quale ruolo riveste la tecnica nelle tue creazioni?

E.M. La tecnica è lo strumento con il quale porti nel mondo le tue idee. A volte senza una tecnica adeguata non riesci a portarle nel mondo, quindi è fondamentale. Senza tecnica puoi al massimo raccontare le tue idee, scriverle. A volte non sai nemmeno che una certa tecnica esiste e la tua idea rimane nel cassetto; poi, un bel giorno, scopri che fare quella cosa che ti era venuta in mente è “tecnicamente” possibile, et voilà! L’idea diventa realtà. È bellissimo!

M.S.B. Che ruolo hanno la conoscenza e lo studio nelle tue creazioni?

E.M. Conoscere e studiare sono un modo per arricchire il nostro essere, la nostra persona… ma anche semplicemente vivere ci arricchisce, e forse anche di più. È difficile individuare il confine fra le cose che facciamo perché le abbiamo lette sui libri o perché le abbiamo apprese vivendo. L’arte, la scienza sono anche nell’aria come “esprit de temps”, come “idee archetipiche”… a volte le afferriamo inconsapevolmente. Mi piace pensare che noi siamo come una torta fatta di tanti ingredienti ed è buona così, non cerco l’origine degli ingredienti, non mi importa, ma è certo che sono sempre in cerca di nuovi ingredienti.

M.S.B. Quanto è dovuto all’intuizione?

E.M. Un tempo avrei detto: “non lo so”. Oggi dico: “tutto”. Sono sempre più convinto, e parlo per esperienza, che tutto ciò che di nuovo arriva su questo pianeta arriva per intuizione. Poi, se vuoi, gli strumenti dell’intelletto e del corpo ci permettono di realizzare l’intuizione, ma alla base c’è una scintilla che non fa parte di questo mondo e, grazie all’intuizione, vi entra. Quando ho cominciato a guardare all’intuizione in questi termini, leggendo sull’argomento, ho scoperto che uomini di arte e di scienza, di letteratura e di musica, i creativi, insomma, quasi tutti parlano in questi termini dell’intuizione: Einstein, Mozart, Tesla, Picasso… A volte detto con parole differenti, ma il concetto è sempre questo: cogliere con la sensibilità qualcosa che non è ancora parte di questo mondo, tramite qualcosa che non è il pensiero logico-razionale. Quindi non posso nemmeno dire di essere stato influenzato in anticipo dal pensiero di altre persone. Il mio “sentire” ha trovato conferma nel “sentire” di altri e questo mi conforta molto: sono in buona compagnia.

M.S.B. Quando ti sei accorto che stavi imboccando un nuovo cammino?

E.M. Senza dubbio il giorno in cui mi sono licenziato dal mio lavoro di ricercatore. La mia vita è sempre stata un mix di cammini e di interessi, soprattutto quando ero studente. Ho sempre dedicato parte del mio tempo alla scienza, all’arte e allo spirito, ma poi ho avuto un lavoro ufficiale nella ricerca scientifica con delle responsabilità e alla fine questo ha prevalso su tutto. Mi identificavo in quel ruolo, anche se io ero tante altre cose e la mia vita era piena di tante altre cose. Ho continuato per un po’, ma non potevo continuare a lungo a soffocare tutto il resto. Nel momento in cui l’ho lasciato ufficialmente ero sicuro che non sarei più tornato indietro e che una nuova vita sarebbe iniziata senza rimpianti. Non mi sbagliavo.

M.S.B. Quando sai che la tua opera è terminata?

E.M. Questa è una bella domanda. In realtà non lo so, al massimo lo credo. C’è sicuramente un momento in cui poso i miei strumenti e mi dico: “adesso basta”. Ma poi il tempo passa… a volte bastano cinque minuti, a volte ci vuole un giorno, a volte un mese, ma poi riguardo l’opera e cambio qualcosa. Sento che c’è troppo o troppo poco… o che i colori non mi soddisfano, che ho preso un abbaglio, che ho creato un fuoco di paglia che mi piaceva sul momento, ma poi mi ha stancato, che non è ciò che veramente avevo in mente… che si può fare meglio… insomma, mille ragioni per rivedere l’opera. A volte questo succede anche dopo anni, quando l’opera è già stata fotografata e archiviata e ha pure fatto delle mostre. In questo caso è un po’ più difficile rivedere l’opera. Spesso non lo faccio, ma qualche volta è capitato. Per questo non posso mai dire che un’opera sia veramente finita.  

M.S.B. Hai bisogno di ordine o disordine per creare?

E.M. Ho bisogno di molto ordine. Mi piace circondarmi di ordine e pulizia. Questo mi chiarisce le idee. Forse perché c’è già abbastanza caos nella mia testa. Certo, durante la fase di creazione vera e propria in studio che un gran disordine, dopo tutto faccio il pittore, ma tra un’opera e l’altra lo studio deve essere impeccabile. Mi piace questa idea di ripartire sempre da zero. Tela bianca e studio in ordine. Non mi è mai piaciuto il mito dell’artista tutto genio e sregolatezza. La maggior parte degli artisti professionisti che conosco sono precisi e ordinati sia nel lavoro che nelle relazioni. Dopo tutto, anche questo è un lavoro e non puoi fare solo ciò che vuoi. Ci vuole sempre un minimo di disciplina e di organizzazione.

M.S.B. Alcuni artisti e scienziati parlano di sensazione di estetica e di armonia una volta terminata l’opera o trovata la soluzione.

E.M. Direi che faccio parte di questo gruppo. L’estetica e l’armonia hanno per me un ruolo fondamentale nella creazione di un’opera. Con questo non posso e non voglio dire che le mie opere siano belle, la bellezza non è univocamente definibile, ma io almeno cerco di creare opere con questo proposito. Anche un’equazione, per chi sa leggerla, può essere bella. Penso sempre all’Identità di Eulero che riunisce alcune fra le più importanti costanti scientifiche. Molti la ritengono la più bella formula della matematica. È davvero bella? È brutta? Chi può dirlo. Ciò che è innegabile è che lega vari ambiti del sapere umano, della natura e della vita. Allora, forse, più che di bellezza dovremmo parlare di armonia: quando un’opera ti comunica che sei parte di un tutto, che ti fa sentire in armonia col creato, che ti sta dicendo che c’è qualcosa di grande, oltre a noi, di cui facciamo parte. Ecco, comunicare cose del genere, con la certezza di riuscirci, sarebbe una grande soddisfazione!

M.S.B. Qual è il ruolo dell’immagine o per meglio dire quando produci qualcosa di nuovo tutto ti si chiarifica attraverso immagini?

E.M. Credo di sì. Quando chiudo gli occhi e mi lascio invadere da ciò che prima chiamavo “intuizione”, senza dubbio essa si manifesta con immagini. Se facessi il musicista potrebbero essere suoni, ma il mio linguaggio è l’immagine e credo proprio che tutto ciò che mi arriva sia attraverso immagini. Sono dei flash a occhi chiusi. Vedo oggetti, materiali, forme, colori… che cambiano come in un caleidoscopio di possibilità e ad un certo punto c’è qualcosa che mi convince e che mi fa dire: “Questo lo voglio realizzare, questo merita di dedicarci un po’ di tempo…” o ancora: “Questo è coerente con il mio messaggio, con il mio linguaggio, con il mio percorso…” A volte non è facile discriminare le immagini che ricevo. Capire se un’immagine viene da un ricordo o dall’intuizione, se fa parte del vecchio io o è davvero qualcosa di nuovo.

M.S.B. Qual è il ruolo della parola?

E.M. Si dice che un’immagine valga più di mille parole, ma io credo che a volte la parola serva per soddisfare la mente. Non la vedo inutile, la vedo complementare. Per questo mi piace parlare delle mie opere, ma a volte è un errore perché bisogna lasciare le persone libere di sentire ciò che devono sentire. Per questo preferisco parlare delle mie opere solo dopo che le persone le hanno guardate da soli e in silenzio, senza interferenze da parte mia. Dopo sì che può nascere un dialogo e un confronto.

M.S.B. Quanto è importante l’interazione e il dissenso tra colleghi per il tuo processo creativo?

E.M. In parte ho già risposto: l’interazione è importante dopo e non prima che ci si ponga di fronte ad un opera d’arte. Se invece non siamo di fronte all’opera, ma semplicemente stiamo condividendo e confrontando i nostri punti di vista sull’arte o sulla vita in generale, questo va benissimo. Si dice che “C’est du discours qui jaillit la lumiere!” (È dal discorso che scaturisce la luce!) e ne sono profondamente convinto.

M.S.B. Saresti interessato ad incontri con altre discipline per capire meglio il funzionamento creativo?

E.M. Certo. Non dico mai di no a proposte interessanti. Dopo tutto il mio lavoro negli ultimi tempi è in equilibrio tra arte e scienza. E l’arte per me si traduce nelle arti visive, ma non dimentichiamoci della musica, della danza, della poesia… insomma, di tutte le forme di espressione creativa. Quindi ben venga un nuovo rinascimento in cui tutti parlano con tutti e si arricchiscono reciprocamente comprendendo sempre meglio che tutto è in tutto e che da questa posizione non possiamo che trarne beneficio. Con un lavoro di gruppo, l’evoluzione dell’uomo sarà certamente più rapida e completa.

M.S.B. Tu parli di armonia piuttosto che bellezza. Si riferisce alla tua opera. Nell'arte sia pittorica che letteraria, filmica o musicale a volte è la dissonanza, l'espressione di angosce e paure non necessariamente armoniche che hanno assunto una valenza estetica e incorporano una certa bellezza mista a ripugnanza. Come definiresti tali espressioni fondamentali dell'essere che non appartengono alla tua descrizione del mondo interiore? 

E.M. Avevo un maestro che diceva: “Per fare un mondo ci vuole un po’ di tutto”. Senza il male non riconosciamo il bene, senza l’ombra non riconosciamo la luce e così via… Viviamo in un mondo duale per comprendere aspetti dell’esistenza che altrimenti resterebbero inaccessibili. Quindi le impressioni negative, quelle che ci fanno stare male, per alcune persone probabilmente sono necessarie per il loro cammino in una certa fase della loro vita. Posso capirlo. Anche io negli anni novanta, quando mi esprimevo nel mio periodo figurativo, creavo “mostri”, desideravo amplificare le brutture del mondo per scioccare e attirare l’attenzione del pubblico su ciò che nel mondo c’era di male. Poi qualcosa è cambiato, una specie di catarsi che mi ha portato a rivedere completamente la mia arte andando verso una direzione più armoniosa. 

M.S.B. Parli di realizzazione di immagini che ti attraversano la mente, di rappresentazioni di archetipi. Come si concilia questo con le tue nuove opere in cui la tecnica sembra dettare la realizzazione e l'immaginazione definirne il punto di arrivo? Mi riferisco a Supernova-Dark Matter e le opere di questo Natale 2020 i cui risultati sono in gran parte dettati dalla tecnica, non direi dal caso (intensità del colore, motivo e dispersione spaziale).  È l'estetica del risultato che ti dice che è arrivato il momento di fermarti, che l'opera è finita? 

E.M. Gli archetipi sono sempre presenti nelle mie opere, a volte in maniera silente altre in maniera più esplicita. I colori sono archetipi, le forme pure come il cerchio e il quadrato sono archetipi. Un’opera creata con la tecnica dello spin-painting, mi riferisco alla serie “Prosperity”, sfrutta la forza centrifuga che è anch’essa un archetipo: è il principio di espansione Yang delle culture orientali. Espansione che si ritrova anche in tutte le mie opere della serie “Supernova” e “Supernova Dark Matter”, è l’archetipo che governa l’espansione dell’universo e dei corpi celesti e che si alterna con quello della contrazione, lo Yin. Questi sono gli archetipi con cui lavoro al momento e che mi “abitano”; per questo tutto ciò che faccio si nutre naturalmente di questi principi. L’opera è finita quando l’immagine che sto creando coincide, più o meno, con quella che ho ricevuto attraverso le immagini nel processo di intuizione. 

M.S.B. Le tue opere più recenti sono l'espressione di sentimenti, sensibilità o essenzialmente una visualizzazione e realizzazione concettuale?

E.M. Forse nessuna delle tre. Penso spesso che l’artista debba essere un ambasciatore di principi più alti di lui e per questo debba evitare di mettere troppo ego in ciò che fa, troppe emozioni e pensieri personali. Mi sento sempre più “homo faber”, un esecutore di cose che a volte stupiscono anche me; e la sensazione di stupore mi appaga. Realizzare le immagini che vedo, portare nel mondo cose che prima non esistevano, questo sì che mi emoziona, ma sono emozioni che nascono dopo, non prima della creazione. In ogni modo le cose non sono mai solo bianche o solo nere… è chiaro che durante la creazione il cervello continua a parlare e il cuore a sentire… difficile discriminare chiaramente quanto è mio e quanto non lo è.